Il "seminarista" Gantin educato dalla Pontificia Opera di San Pietro Apostolo |
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Scritto da Angela Ambrogetti |
Domenica 26 Febbraio 2012 10:18 |
L’opera oggi è presente in più di 100 paesi del mondo con una direzione internazionale nell’ambito delle Congregazione per la Evangelizzazione dei Popoli, e poi ci sono le direzioni nazionali. Quella italiana, che ha sede presso la Cei, opera nell’ambito della fondazione della Religione Missio. Una rete di solidarietà che sostiene le vocazioni sacerdotali delle Chiese di missione, una rete fatta di migliaia di persone in tutto il mondo che con la preghiera e con le offerte accompagnano la vocazione di tanti giovani e seminari nei paesi tradizionalmente di missione, quelli sottoposti alla Congregazione per la Evangelizzazione dei Popoli. Tommaso Galizia vice presidente della Pontificia Opera di San Pietro Apostolo, ci spiega come si entra in contatto con l’ Opera:
“Tramite i canali delle Pontificie Opere missionarie, con l’ obiettivo dell’evangelizzazione delle Chiesa di missione. Non ci sono quindi giornate speciali di sensibilizzazione se non quelle più generali, come la Giornata Missionaria Mondiale ad ottobre la giornata missionaria dei ragazzi del 6 gennaio. Insomma per ora è una conoscenza “da cuore a cuore” da persona a persona, tramite coloro che già fanno parte di questa rete. Ma anche attraverso il sito www.missioitalia.it. Un coordinamento universale La direzione internazionale coordina gli aiuti economici che vengono raccolti in giro per il mondo. L’Italia è uno dei cinque paesi più generosi per donazioni alla POSPA. Tutti gli aiuti vanno a confluire nel fondo universale di solidarietà dell’ Opera e la distribuzione è prerogativa della direzione internazionale. Per cui tutte le richieste da vari paesi arrivano alla Direzione Internazionale che valuta e decide in assemblea con i direttori nazionali, ogni anno a maggio a Roma.” Quando si “adotta” un seminarista poi si ha un rapporto diretto con lui ? “Per lunga antica e consolidata tradizione no. Anche se molte volte ci è stato chiesto, ma la tradizione originale non è questa, ma si vuole valorizzare la dimensione evangelica dell’offerta. Un principio che è stato sostenuto fin dall’inizio dalle fondatrici. Ogni aiuto economico dev’essere espressione di un impegno “cattolico” cioè universale. Perché se c’è un rapporto troppo diretto con un seminario o un seminarista è facile perdere di vista le necessità di tutti gli altri. In questo momento sono 70 mila seminaristi che ricevono il sostengo mille seminari in tutto il mondo 35 milioni di dollari di sovvenzioni che vanno in tutto il mondo. La vostra però non è solo una “raccolta fondi”? “Certo c’è una spiritualità specifica che la sostiene la raccolta fondi non è il fine principale. Noi ci teniamo molto anche a dire che il nostro fine principale è condividere il comune dono della fede soprattutto attraverso un impegno quotidiano di preghiera per sostenere il cammino vocazionale di tanti giovani, che a maggior ragione in una Chiesa di missione è molto difficile, incontra molti ostacoli. Ci sono molto giovani che lo iniziano e non sono moltissimi quelli che lo portano a compimento. C’è quindi bisogno del sostegno economico perché in questi paesi le necessità sono molte, anche se c’è comunque l’impegno della comunità ecclesiale locale a sostenere il cammino di formazione di questi giovani. Ad esempio in India o in Africa molti seminari hanno organizzato degli allevamenti di animali per sostenere l’autosostentamento, o anche vaste coltivazioni ad esempio di riso. Esempi di microeconomia che sono n modello anche per la popolazione locale e sono importanti anche per il percorso formativo dei futuri sacerdoti, che imparano così a non gravare sulla comunità. La loro missione non sarà solo quella dell’Annuncio, ma comporta anche un impegno concreto, un lavoro per uscire dalla logica di dipendenza da altri.” Dal sostegno all’ autonomia E spesso diventano autonomi grazie al vostro sostegno? “Alcuni di questi seminari che per anni ed anni hanno ricevuto il contributo dell’Opera di San Pietro Apostolo diventano autonomi, e riceviamo le lettere del Rettore che ci dice: dall’anno prossimo ce la facciamo da soli. E questo sia perché c’è stato un cammino di crescita della comunità locale che intende provvedere al mantenimento del proprio seminario, ma anche perché questi progetti di microeconomia incominciano a dare buon frutto. Il contributo dell’Opera del resto non è sufficiente a far fronte a tutte le necessità, ma è significativo nell’ottica della sussidiarietà. Il sussidio ordinario annuale per ogni seminarista è di circa 500 dollari. Poi l’ Opera da dei contributi straordinari per situazioni particolari. Ad esempio per una biblioteca, o per manutenzione straordinaria, o per degli ampliamenti, rifare la cucina o i bagni allora l’ Opera interviene. Il seminarista non riceve il contributo in maniera diretta, ma sempre tramite il seminario e secondo le consuetudini locali anche per evitare discriminazioni tra un giovane ed un altro.” C’è anche un modo molto bello per aiutare i seminaristi che è legato alla nascita di un bambino. Si propone ai genitori un gesto di solidarietà a favore di progetti sostenuti nelle Chiese di Missione dall’ Opera dell’infanzia missionaria e si rilascia un attestato. Tra le storia più belle di seminaristi aiutati dall’ Opera ce n’è una specialissima. Quella del cardinale Bernardin Gantin. Il seminario di Ouidha in Benin dove è si è formato e dove ora la sua tomba è punti riferimento per la nazione ed è stata recentemente visitata dal Papa nel suo viaggio un Benin, è stato sostenuto dall’ Opera di San Pietro Apostolo. “Mi sento familiare tra voi- ricorda il Cardinale nel grande incontro romano dello Opera nel 1996- con tanta riconoscenza e tanta gioia per aver conosciuto la concretezza della vostra testimonianza e della comunione. Oltre gli indimenticabili incoraggiamenti ricevuti nei verdi anni della mia giovinezza in Africa, vi dico che prima casa che mi accolse appena arrivato a Roma fu quella di San Pietro Apostolo. Tanti miei confratelli dell’ Africa e dell’ Asia, potrebbero parlare del vostro solidale sostegno. La strada aperta da Stefania e Givanna Bigard ha portato alla Chiesa una fiumana di sacerdoti, alcuni divenuti poi vescovi in Cina, Giappone, Vietnam e Africa.” Diventare “padrino e madrina” di un seminarista In Italia ci sono 17 mila adottanti, e molti di loro sostengono più di un seminarista. Alcuni hanno trenta adozioni in corso e anche senza un rapporto diretto c’è però il modo di sapere in quale seminario le richieste arrivano. Dall’Italia si seguono 30 seminari, arrivano le richieste per i nuovi seminaristi che entrano e ogni anno arriva l’aggiornamento della situazione di studio, ma anche dei cambiamenti di seminari. A volte però arrivano anche notizie drammatiche come quando dal seminario del Ruanda che seguivamo abbiamo saputo che molti dei seminaristi che venivano sostenuti dall’Opera erano morti o dispersi. “Il nostro scopo- spiegano all’ Opera- è comunque fare in modo che gli adottanti nell’ambito del loro impegno debbano poter avere un ragazzo che diventi sacerdote alla fine del corso, anche per questo si mantiene un rapporto anonimo. L’importante è che ognuno che offre il suo aiuto alla fine porta un giovane al sacerdozio. Quando l’adozione si conclude arriva un ricordino dell’ Opera in cui si dce che il seminarista è stato ordinato e ringrazia con la preghiera. I ragazzi sanno che ci sono dei benefattori ma non sanno chi.” Qualche benefattore poi riesce comunque a contattare i ragazzi ma a titolo personale. Un modo in fondo per far capire che le adozioni sono vere. In effetti all’Opera lo sconsigliano per non creare forme di gelosie. La quota base è di 50 euro all’anno, che vengono versati nel fondo universale, e che servono per mettere insieme una borsa di studio da 600 dollari circa, ma naturalmente “padrini e madrine” sono, fortunatamente, tanti.
Da ROGATE - Febbraio 2012 |
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