Una giornalista del volo papale racconta |
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Scritto da Angela Ambrogetti |
Mercoledì 10 Ottobre 2012 07:16 |
Così i giornalisti erano nella piazza di Bkerké in un sabato pomeriggio assolato con trentamila giovani cristiani e musulmani, libanesi, giordani e persino siriani. A loro il Papa ha detto di essere coraggiosi, di non lasciarsi sedurre dalle strade che portano alla disperazione, alla droga, alla pornografia. Ma soprattutto ha ripetuto le parole di Giovanni Paolo II: “non abbiate paura.” Non hanno certo paura della fatica e del caldo i giornalisti del “volo papale” che per delle ore, pazientemente, attendono l’arrivo del Papa nella caldissima e assolata mattina di Beirut. Ci sono trecentocinquantamila persone sul waterfront, la grande piattaforma sul mare costruita con le macerie dei palazzi distrutti dalla guerra che per decenni ha insanguinato il Libano. I giornalisti erano lì, sotto il sole, aspettando la papabile che passava accompagnata nel cielo dagli elicotteri. Sembrava di essere tornati indietro nel tempo, ma domenica mattina accompagnavano il Papa che portava la pace. La vera primavera araba è qui oggi, raccontano ai giornalisti assetati di acqua e di notizie, i ragazzi che sono arrivati dalla Giordania per vedere il Papa. Il Papa, lo guardano, lo studiano, lo ascoltano e poi si scrive un articolo, poche parole per regalare a chi è a migliaia di chilometri l’emozione e consegnare alla storia un messaggio. La sala stampa affollata all’ora del briefing del direttore della Sala Stampa della Santa Sede è il punto di incontro e di scambio di informazioni e opinioni. I giornalisti che seguono il Papa scambiano le loro informazioni con i giornalisti locali. Si scambiano indirizzi e telefoni, si cercano dati e spiegazioni. Soprattutto si legge la stampa locale. O si cerca chi la traduca. In Libano però c’è un quotidiano in francese, L’Orient le Jour che racconta il paese dei cedri al mondo. E una visita del Papa e un’ottima occasione per portare l’attenzione del mondo intero sui problemi della gente di una nazione. A Beirut lo ha detto il presidente della repubblica l’ex generale Micael Suleiman. Amatissimo dalla gente ha seguito con la moglie tutte le tappe della visita di Benedetto XVI. Nel moderno palazzo presidenziale sulla colline alle spalle della città, il presidente ha concesso ai giornalisti del “volo papale” di seguire gli incontri riservati con ambasciatori e ministri. Una occasione per i cronisti di vedere alcune sculture romane nella sala d’ingresso e le colonne di un tempio nel rigoglioso giardino. La sera finalmente si cerca un po’ di conoscere Beirut, dal ristorante di pesce che affaccia sulla Saint Georg Bay, che dopo il ritorno della pace è di nuovo un punto di riferimento per la gente della città, alle pizzerie sparse un po’ dovunque anche qui. Magari si sale la collina verso Harissa, come ha fatto il Papa la sera del suo arrivo. C’è un santuario e una grande statua di Nostra Signora del Libano che sovrasta il mare e la città, un luogo di pellegrinaggio per i cristiani e i musulmani che vedono in Maria la madre del Profeta Gesù. Un luogo scelto da Papa Benedetto per firmare il documento che ha portato alla gente del Medio Oriente, un testo scritto per dare speranza e chiedere pace, libertà per i cristiani, e dialogo tra le religioni, la Chiesa in Medio Oriente, questo il titolo del testo che il Papa ha donato, con la sua firma autografa, anche ai capi islamici che ha incontrato sabato 15 settembre. Un incontro cordialissimo, racconta ai giornalisti Padre Lombardi, mentre si aspetta uno dei bus che li riporta, trafelati, alla sala stampa. Tre giorni che volano via, tre notti in cui si dorme appena, centinaia di sguardi incrociati mentre si fa una diretta, parole che si confondono e che devono diventare “informazione”. L’ultimo incontro tra il Papa e i Patriarchi si segue da una sala in aeroporto, poi via sulla scaletta per salire sull’aereo. Ultime foto, ultimi sguardi, c’è un po’ di nostalgia. Ma bisogna fare in fretta. Il Papa saluta il Presidente, ringrazia con parole che sono poesia, alla tradizionale accoglienza orientale, dice il Papa, “avete aggiunto un complemento; lo si può paragonare ad una di quelle famose spezie orientali che arricchisce il sapore delle vivande: il vostro calore e il vostro cuore, che mi hanno dato il desiderio di ritornare.” Sul volo di ritorno si racconta e si parla, si festeggia con un brindisi e una foto con il Papa un collega che va in pensione. Si torna alla normalità, in attesa del prossimo “volo papale”.
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Benvenuti!
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